CRONACHE
2.97
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PRESENTATO A PAVIA, DAL CIRCOLO “LOGUDORO”,
IL LIBRO DI NELLO RUBATTU “DEVO ANDARE A CURARMI IN CONTINENTE” A SOSTEGNO DELL’ASSOCIAZIONE SASSARESE “DIRITTO ALLA SALUTE FRANCO
MONAGHEDDU"***
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Bona Pasca de su 2024
Cust’annu sa novidade est sa Pasca bascia,
ma, puru antitzipada sa festa a malthu, s’ascia
de sa gherra non b’at vessu de la sepultare:
a morrer sun sempre sos símplitzes militares
e poi mizas e mizas de tziviles innotzentes.
Sa culumba, chi diat esser pro tota sa zente
de su mundhu símbulu de paghe universale,
est morta comente “l’è morta” sa piedade.
Picasso no at esageradu “Guernica” pintende
ma su caos immaginadu dai sa geniale mente
“sos meres de sa gherra” non los cumbinchet
(ndhe faeddat Bob Dylan) e in issos binchet
s’assuadura de destruire totu sas persones
(ómines e féminas, mannos e minores).
E sa ruina orrorosa tocat a totu sas cosas
de manera chi no nascan mancu sas rosas.
S’isperantzia, tzertu, non podet mancare
chi sa culumba potat torrare a bolare.
Tandho, Bona Pasca de Resurretzione:
rinascat sa paghe già in custa istajone!
Paulu Pulina
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Buona Pasqua 2024
Quest’anno la novità è la Pasqua “bassa”,
ma, pur anticipata la festa a marzo, l’ascia
della guerra non c’è verso di seppellirla:
a morire sono sempre i semplici militari
e poi migliaia e migliaia di civili innocenti.
La colomba, che dovrebbe essere per tutta la gente
del mondo simbolo di pace universale,
è morta come “l’è morta” la pietà.
Picasso non ha esagerato “Guernica” dipingendo
ma il caos immaginato dalla geniale mente
“i signori della guerra” non li convince
(ne parla Bob Dylan) e in essi vince
la libidine di distruggere tutte le persone
(uomini e donne, grandi e piccoli).
E la rovina orribile tocca a tutte le cose
in maniera che non nascano neanche le rose.
La speranza, certo, non può mancare
che la colomba possa tornare a volare.
Allora, Buona Pasqua di Resurrezione:
rinasca la pace già in questa stagione!
Paolo Pulina
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da Carlo Geri :
ALLA POESIA DELL'EMERITO PULINA,
LA MIA PROPOSTA PER IL 20 p.v. :
Il CALUMET DELLA PACE
IL CALUMET DELLA PACE
Quando si dice che l’uso della pipa è indice di calma e di serena tranquillità per chi la fuma e per le cose che lo circondano l’affermazione trae origine e convalida da antiche usanze in voga tra i popoli indiani che attribuivano al fumo ed al tabacco virtù sacre attraverso l’uso di uno strumento cui gli europei dettero successivamente il nome di CALUMET DELLA PACE.
La storia vera di questo importante oggetto ci viene tramandata da padre Louis Hennepin, il missionario francese che nel 1678-79 partecipò alla spedizione di monsieur de La Salle per l’esplorazione del Mississippi. Oltre un secolo più tardi George Catlin, insigne storico degli usi e dei costumi dei Pellirosse, ne dette conferma durante la sua lunga permanenza tra gli indiani del bacino del Missouri, prima che l’immigrazione bianca raggiungesse l’ovest.
Egli così scrisse: è una gran pipa da tabacco, di pietra rossa, nera o bianca. La parte superiore è perfettamente liscia. Il cannello è solitamente lungo due piedi e mezzo, è fatto di canna o giunco, abbellito con ornamenti di tutti i colori ed intervallati da ciocche di capelli di donne. Ogni singole nazione orna il Calumet come meglio crede, a seconda degli uccelli che volano nel loro paese. Tale pipa è un salvacondotto tra tutti gli alleati del popolo che lo ha dato. In tutte le ambascerie il Calumet è portato come simbolo di pace…
Lo stesso Catlin descrisse dettagliatamente la cava di pietra di color rosso carico, intorno alla quale veniva rigorosamente osservata la “tregua di Dio”, dalla quale gli indiani traevano il materiale per fabbricare i fornelli delle loro pipe, che successivamente prese il nome di “Catlinite”.
Il Calumet assunse forme e fogge assai varie ma nella sostanza rimase composto di due parti fondamentali: il cannello ed il fornello: La forma più classica era quella di una T rovesciata terminante con un cannello lungo e dritto di legno forato o di canna giovane su cui venivano impressi disegni totemici con aggiunta di ornamenti quali penne, piume, fili di cuoio che assumevano aspetti particolari e facili segni di identificazione per le altre tribù, come le armature nel medioevo lo furono per i signori feudali.
L’uso del Calumet era per gli indiani un privilegio e costituiva la massima aspirazione, perché concedeva attribuzioni di coraggio e di valore. L’abilitazione infatti prevedeva un complicato cerimoniale all’interno di un ambiente chiuso, come in un moderno bagno turco, , ove l’associazione di pratiche mediche, magiche e religiose si concludeva con un bagno purificatore nelle gelide acque del fiume l’assegnazione dell’ambito Tomahwaks.
Ancora oggi, in alcune zone, viene rispettata l’antica tradizione in onore degli ospiti. Il Capo della tribù usa aspirare la prima boccata girando lentamente lo strumento seguendo il cammino del Sole, poi lo lascia passare di mano in mano a tutti i presenti, perché dal fumo possano trarre auspici di pace e sentimenti di fratellanza
Possa, alla stessa maniera, il fumo delle nostre non meno sacre pipe, estendere anche su questo agitato mondo una pacifica coltre di tranquillità.
***- 2 -
ANNO ACCADEMICO 1967/1968
1) Le ultime feste delle matricole
Nell’anno accademico 1966/1967 Giorgio venne a trovarmi da Torino per la mia prima festa della matricola. Per partecipare alla festa aveva dovuto esibire un lasciapassare che in seguito aveva conservato, senza che io lo sapessi... Ora, mentre sto scrivendo, ce l’ho davanti agli occhi... Non posso negare l’emozione provata nel vedere questo commovente cimelio dopo tanti anni...
La mia prima festa da studentessa universitaria fu una festa molto elegante, ma io mi presentai al mio “lui” con un vestito semplice, come quando partecipavo alle feste liceali.
La folla era straripante, ma noi non la vedevamo. Contava solo il nostro mondo. Nelle persone che ci giravano intorno a stento riconoscevo alcune delle mie compagne più grandi, elegantissime nei loro vestiti lunghi.
Era il 6 dicembre 1966 e finalmente avevo rivisto Giorgio dopo l’estate. Il mio cuore batteva forte mentre ballavamo... Fu una serata intensa, tutta nostra, e non ci sembrava vero poterci parlare a tu per tu guardandoci negli occhi...
Nell’anno accademico 1967/1968 la mia seconda ed ultima festa della matricola fu un po’ diversa, ma solo nel vestito. L’amore per il mio lui invece era rimasto immutato, profondo come sempre.
Mia zia Laura mi aveva fatto una sorpresa: mi aveva cucito un vestito semilungo color verde acqua, molto semplice, con dei brillantini attorno alla scollatura. Mi piaceva moltissimo e le fui molto grata... il mio sguardo riluceva, i miei occhi apparivano luminosi e sembravano ancora più verdi per il riflesso della stoffa di similseta...
Giorgio da Torino e Michele da Roma vennero a trovare me e Paola B. per l’occasione della festa della matricola, e non ci sembrò vero avere vicino i nostri ragazzi per un’intera giornata. Grazie di cuore, Paolo Macrì, per la tua gentilezza che permise a Giorgio e a Michele di rimanere un giorno in più a Milano, usufruendo dell’ospitalità dei tuoi amici.
La festa aveva richiamato tantissime persone. Mai vista tanta folla nei locali del CUSM!
Io e Giorgio eravamo come in trance in quel mare di gente che parlava guardandosi negli occhi e sorridendo. Anche noi, come loro, ci parlavamo con lo sguardo. Eravamo giovani ed innamorati e sognavamo un futuro insieme, per sempre... Passammo la serata a ballare, soprattutto i lenti, e a parlare del futuro, tra un bacio e l’altro.
Forse mancavano solo due anni alla sua laurea, mi disse Giorgio, con il suo sorriso affascinante e lo sguardo luminoso. Ancora due anni e avremmo potuto cominciare a fare dei progetti per la nostra vita insieme. Il nostro matrimonio si profilava per la prima volta all’orizzonte. Il cuore mi batteva forte per l’emozione.
Anch’io mi sarei impegnata al massimo come lui, dissi. Non vedevo l’ora di cominciare la nostra vita insieme e costruire la nostra famiglia. Chissà dove, ci chiedevamo, ma questo non ci importava, qualunque paese sarebbe andato bene, anche l’America!
Quella serata ci rese ancora più forti e determinati. Avremmo vinto qualunque ostacolo...
Ma non potevamo mai immaginare quella sera quanti ostacoli la nostra generazione avrebbe trovato....
Quella fu l’ultima festa della matricola. Il ’68 mise la parola fine a qualunque forma di goliardia e quindi anche alle feste delle matricole. Un periodo gioioso, spensierato era finito per sempre!!!
Iniziava un periodo difficilissimo. E nel ‘69 ci sarebbe stata Piazza Fontana. E poi ancora e ancora tanto spargimento di sangue. E nel ‘78 persino Aldo Moro sarebbe stato ucciso dalle Brigate rosse...
E poi ancora il declino, lento ma inarrestabile, del nostro paese.
Molto si è scritto sulla fine dei mitici anni ‘60, che tanto ci avevano illuso.
Non spetta a me scriverne ancora.
I miei saranno solo brevi flash su come il CUSM visse gli anni dal 1967 al 1970, quando lasciai definitamente il nostro amato Collegio.
2) Il ‘68 e la divisione politica nel CUSM
Il ‘68 a Milano cominciò con l’occupazione dell’Università, con le manifestazioni, con le assemblee interminabili. La partecipazione alle manifestazioni era massiccia. Gli slogan duri e minacciosi. Ne ricordo soprattutto uno: ”Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi”.
E ricordo la moto che era in prima fila in molte manifestazioni. Sembrava guidare la folla degli studenti.
“Al, Al, Al Fatah, Al Fatah vincerà!” era lo slogan gridato dai due motociclisti e ripetuto dalle prime file del corteo.
Sono passati 56 anni da allora e mi chiedo che cosa sia rimasto di tutte quelle certezze.Lentamente ma inesorabilmente il clima nel Collegio cambiò.
Mi colpì molto la fine di alcune amicizie. Alcuni ragazzi erano iscritti al P.C.I. Tra questi uno era il
ragazzo di una delle mie amiche. Era molto preparato politicamente e sognava di darsi definitamente alla politica una volta laureato. Ebbene, con il tempo, molti gruppi di amici si spaccarono in due o tre tronconi: non mangiavano più allo stesso tavolo, non sedevano più vicini nei pullmann che ci portavano all’università. “Lotta continua” e “Potere operaio” li avevano affascinati e il P.C.I. era diventato il loro nemico. Non solo il P.C.I., ma tutti i partiti presenti in Parlamento, mentre le formazioni in cui erano entrati venivano definiti gruppi extraparlamentari.
3) Gli studenti algerini
Nel nostro Collegio vivevano anche degli studenti algerini, probabilmente di ricche famiglie, che frequentavano il Politecnico per diventare ingegneri. Qualcuno di loro era già stato in Francia, ma poi aveva preferito l’Italia.
Noi ragazze eravamo curiose e chiedevamo notizie sugli studi delle loro sorelle. Ci sembrava strano che tra noi non ci fosse nemmeno una studentessa algerina... Loro tacevano, si chiudevano in se
stessi e la risposta alle nostre domande era il loro riserbo. Non fu difficile capire dal loro silenzio come vivessero le ragazze algerine... E ci dispiacque.
Una volta rimanemmo a parlare con gli studenti algerini su Al Fatah. Si era formato intorno a loro un piccolo gruppo che aveva partecipato alla manifestazione più recente. C’eravamo anche io e Titti e c’era il ragazzo di Baveno. Pieno di rabbia uno degli algerini ci parlò del sionismo, che già dal 1897 si era posto l’obiettivo di riportare gli Ebrei nella Palestina. Ricordò a noi, che eravamo studenti italiani e avremmo dovuto saperlo, che gli Ebrei erano stati cacciati dalla Palestina già dai Romani, ai tempi dell’imperatore Adriano. Nei secoli successivi il territorio perciò si era reso libero per altre popolazioni, tra cui i Palestinesi.
A questo punto il ragazzo di Baveno cominciò a difendere gli Ebrei, che secondo lui avevano il diritto di tornare in Palestina “perché avevano tanto sofferto durante la seconda guerra mondiale”.
La reazione dello studente algerino fu decisamente irrisoria e ci colpì in profondità...
“E’ vero, ma se hanno sofferto così tanto mi spiegate come mai voi non avete regalato loro la Lombardia?”
Già, perché?
Il gruppetto si sciolse velocemente. Era inutile continuare a parlare.
Era evidente che sia gli Ebrei che i Palestinesi ritenevano di avere diritto a quella terra per motivi diversi.
Chi aveva ragione?
Mentre tornavo in camera mia mi colpì un’idea che ancora oggi mi fa riflettere...
Ma se nel 1948 si fosse creato un solo stato per entrambe le popolazioni, non sarebbe stato più facile raggiungere la pace? Perché erano stati creati due stati? E quali potenze avevano voluto due stati per quelle popolazioni? Chi aveva manovrato i fili dall’alto?
Ancora oggi mi chiedo di chi sia stata la colpa di questa guerra eterna che ancora adesso fa vittime.
4) L’intervista sul ’68 alle nuove matricole
All’inizio del ‘68 venne nel nostro collegio una giornalista di Annabella per una intervista alle ragazze. Io ero ormai un “fagiolo” e mi ritrovai a passare per caso vicino ad un gruppetto delle
nuove matricole.
Loro erano piuttosto incerte nel rispondere alle domande e piuttosto conservatrici.
La loro idea principale era che si doveva manifestare, ma senza esagerare.
La giornalista, un po’insoddisfatta, le salutò velocemente, doveva intervistare anche le liceali
milanesi!!!
E subito dopo le giovani matricole incapparono in Stefano Zecchi, piuttosto divertito perchè aveva ascoltato tutto!!!
Le ragazze entrarono nella sala mensa manifestando a voce alta la loro gioia per l’intervista... si erano sentite molto importanti manifestando le loro idee!!!
E il vocione di Zecchi espresse alle malcapitate il suo pensiero...
“Beh, solo Annabella poteva intervistare voi!” Loro lo guardarono incerte. Era difficile interpretare il suo pensiero, ma forse erano riuscite a captare l’ironia...
Io tornai in camera piuttosto irritata, sia verso Zecchi, così freddo e superbo, sia verso le nuove matricole, incapaci di reagire in qualche modo all’atteggiamento di superiorità dello Zecchi. Di quanto tempo quelle ragazze avrebbero avuto bisogno per crescere? Forse un anno, come era capitato a noi...
5) Domenico Carbut detto Mimmo
Mimmo ancora oggi è uno dei miei più cari amici. Lui entrò nel CUSM nell’anno accademico 1967/1968. Frequentava il Politecnico per diventare ingegnere ed era sempre aperto a nuove amicizie. Era cordiale ed amichevole con tutti, ma a volte un velo di malinconia gli offuscava il viso. Erano quei momenti in cui si sdraiava su una delle poltrone della sala soggiorno e guardava in silenzio il cielo. Io mi chiedevo che cosa trovasse di così interessante nell’osservare a lungo il cielo,
oppure il giardino del CUSM, in quella postura così scomoda. Mi sembrava che la sua malinconia
fosse simile alla mia, quando la nostalgia per Giorgio o per la mia famiglia si faceva sentire forte... La mia curiosità mi spinse una volta a chiedergli perché si mettesse così sdraiato... E la sua risposta gentile mi fece scoprire un creativo/nostalgico, portato anche agli studi umanistici. Mi disse che gli sembrava di guardare il mare di Bari ed immaginava di essere nella sua città natale. Sentiva la mancanza delle sue passeggiate nelle strade del centro ed aveva nostalgia del lungomare barese... A questo punto capii di aver trovato un fratello!!!
E dopo tanti anni anche lui divenne uno scrittore! Avevo avuto buon occhio, quando per la prima volta mi aveva parlato delle sue nostalgie! Ha già scritto due romanzi e di sicuro ne scriverà ancora!
6) Danila Zadra
Danila Zadra era di Gardone Val Trompia, un paese di montagna vicino a Brescia.
Aveva nel parlare una pronuncia cantilenante molto gradevole. Studiava lettere moderne e prendeva il mio stesso pullmann per andare all’Università. Era timida e riservata e, come spesso capitava alle matricole, dava l’impressione di essere un po’ spaventata per quello che l’aspettava.
In realtà era solo incerta nell’organizzazione dei suoi studi. E comunque mi dava l’impressione che fosse determinata nel voler raggiungere gli obiettivi che si era prefissi.
Era elegante, pur vestendo semplicemente, ed era molto curata nella scelta dei capi di lana morbidissimi che indossava.
Ho saputo solo molti anni dopo che suo padre lavorava alla Beretta e che lei apparteneva ad una famiglia benestante della media borghesia.
Cominciai a darle qualche consiglio, come quelli che Giampiera aveva dato a me nell’anno accademico precedente. Qualche volta pranzavamo assieme, e così conobbi anche le sue amiche di Gardone.
E a volte Mimmo cominciò ad unirsi a noi.
7) Le sorelle Bagliani
Le sorelle Bagliani coglievano l’attenzione di molti quando entravano nella sala mensa. Colpiva la
loro andatura, di cui forse non si rendevano conto... Marinetta camminava piegandosi un po’ in avanti, l’altra andando all’indietro: indubbiamente entrambe non avevano una postura diritta! Pensavo che non se ne accorgessero e invece sì, erano consapevoli del loro modo di camminare e del fatto che avrebbero dovuto modificare il loro incedere andando in palestra; me lo dissero un giorno mentre si chiacchierava del più e del meno nella sala mensa... Giustificarono la loro pigrizia per la ginnastica dicendo che non ne avevano il tempo, avevano ben altro di cui occuparsi!!! Ma di che cosa si interessavano veramente?
Studiavano lettere volentieri e non perdevano tempo. Amavano coltivare le amicizie ed avevano formato un simpatico gruppetto con cui uscivano a volte anche di domenica. Il nostro blog conserva una foto del loro gruppo di amici, che li ritrae felici e sorridenti. Marinetta era fidanzata con uno chef che era andato a lavorare a Parigi, cosa che la preoccupava perché non riusciva ad immaginare come la loro storia sarebbe andata a finire; l’altra, di nome Giusy, non aveva al momento nessuna storia. Erano amiche anche di Domenico Seminerio, con cui intrecciavano discorsi interessanti durante l’ora del pranzo. Qualche volta capitò anche a me di pranzare con loro. Ed anche a Mimmo e a Danila...
Ad un certo punto le due sorelle si misero in testa che Mimmo non fosse adatto a “fidanzarsi” con Danila, e decisero di “proteggerla”. Il motivo? Non si sa... A me dissero semplicemente che non erano adatti l’uno all’altra e che bisognava fare in modo che non si formasse una coppia.
Per questo discorso le considerai intriganti ed impiccione e, convinta che Mimmo e Danila fossero
in grado di fare le loro scelte, smisi per un po’di sedermi al tavolo delle Bagliani. Mimmo, però, un giorno aveva visto che la Giusy si era fermata a “parlottare” con me e per questo pensò che anch’io fossi contro di lui. Mi ci volle un po’ di tempo per convincerlo che fin dal primo momento non avevo gradito il comportamento delle due sorelle, secondo me troppo invadenti. Fortunatamente l’amicizia di Mimmo e Danila, nonostante i maneggi delle due sorelle, si trasformò presto in un sentimento profondo che sfociò in un legame molto forte!!!
8) Domenico Seminerio
Domenico dava l’impressione di essere (e lo era) molto più maturo di noi ragazze. Parlava in modo
pacato e le sue riflessioni non risultavano mai banali. Mi torna in mente un esempio di conversazione controcorrente.
Mi ero seduta all’ora di pranzo ad un tavolo con le sorelle Bagliani e con lui, che all’inizio del ’68 conoscevo solo un po’ superficialmente: non sapevo infatti se abitasse nel Collegio o se venisse solo per parlare con i suoi amici ed amiche. Oltre a studiare lavorava e di questo ero certa perchè alcuni suoi amici lo avevano sottolineato più di una volta. Per questa scelta anche io lo stimavo molto. Era siciliano e molto affezionato alla sua terra, dove pensava di ritornare non appena si fosse laureato. Quel giorno Marinetta e Giusy cominciarono a sostenere che la Sicilia, per uscire dalla miseria, aveva bisogno dei sindacati che sicuramente avrebbero aiutato gli operai. Domenico prima le guardò in modo scettico e poi, con un tono di voce tranquillo e sicuro, affermò che la sua terra, prima dei sindacati, aveva bisogno di imprenditori onesti in grado di assumere i disoccupati dopo aver offerto loro dei corsi di formazione. Le due sorelle rimasero molto stupite, perchè era la prima volta che qualcuno di loro conoscenza auspicava con forza le iniziative degli imprenditori... Entrambe cominciarono ad ascoltarlo con attenzione, perché era difficile trovare nel CUSM un ragazzo così in gamba, capace di esprimere un pensiero diverso da quello della solita maggioranza. Seppi qualche tempo dopo che lavorava come correttore di bozze alla Mursia, lavoro facile ma impegnativo per il tempo che bisognava utilizzare, mentre lui lo avrebbe dedicato più volentieri alla preparazione della sua tesi.
Nel ’68 e nel ’69 abitò nel CUSM, ma nei primi mesi del ’70 sparì dalla circolazione per ovvi motivi legati alla tesi. Ci vuole concentrazione e silenzio per scrivere, e il nostro collegio non era il luogo più adatto...
E venne finalmente il giorno tanto ambito. Nel luglio del 1970 Domenico, con 110 e lode, si laureò
in paletnologia con il professore Ferrante Rittatore Von Willer !!! Fu una vera festa quella che Domenico organizzò per tutti i suoi amici più cari, che si congratularono con lui e lo lodarono sia per la qualità della tesi, sia perchè non è facile lavorare e studiare e raggiungere un risultato così brillante.
Dopo qualche giorno tornò in Sicilia, a Caltagirone, lasciandosi per sempre Milano alle spalle, e cominciò a collaborare con gli archeologi Bernabò Brea e Paola Pelagatti.
La sua vita è stata sempre molto varia e ricca di attività, e lo è ancora adesso. Scrittore e professore di liceo classico, può essere considerato un fiore all’occhiello sia per l’Università Statale di Milano che per la sua splendida regione. Ed anche per tutti noi del CUSM e per la sua meravigliosa famiglia.
9) Tiziana Begarani
Tiziana era molto simpatica ed amichevole, sempre sorridente, e faceva parte del gruppo delle Bagliani. Studiava lettere moderne ed era molto interessata alla storia delle donne durante la Resistenza. Di me e di lei si diceva che avevamo il sorriso più bello del CUSM, ma la cosa ci imbarazzava un po’... In fondo eravamo appena carine! Lei studiava sodo, ma lavorava anche, quel tanto che bastava per arrotondare il proprio gruzzolo. C’era un nostro amico, esterno al CUSM, che lavorava in una piccola casa editrice per pubblicare una enciclopedia per ragazzi. Lei era decisamente in gamba e scriveva velocemente degli articoli molto ben fatti che le venivano pagati lautamente ...
Conobbe poi un ragazzo che desiderava diventare sacerdote, Pierluigi detto Pigi, e per la prima volta nel CUSM si parlò dei preti operai...
10) Don Franco
Ogni domenica nel teatro del nostro Collegio si celebrava una Messa e parecchia gente vi partecipava, nonostante la grande varietà di idee politiche presenti nel CUSM. Don Franco mi sembrava molto diverso da altri sacerdoti che mi era capitato di conoscere durante il liceo. Era giovanile pur avendo una cinquantina di anni, ed avevo l’impressione che avesse colto tutte le novità e le sfumature del Vaticano II. Sicuramente non era né bigotto, né oscurantista. Il pensiero di Martin Luter King in parte era vicino al suo e noi rimanevamo incantati durante le sue omelie. Dialogava con noi con semplicità e con disinvoltura, anche durante le confessioni, e per questo avevamo fiducia in lui.
11) Francesco Paolo e le bandiere del primo maggio
Francesco Paolo Colucci era uno degli studenti che stimavo di più. Studiava filosofia ed era molto in gamba. Nel ‘68 la passione per la politica lo aveva conquistato in profondità. E non era certamente il solo! Nel pomeriggio del primo maggio, festa del lavoro, lui ed alcuni suoi compagni issarono delle bandiere rosse sul piano più alto del Collegio. Il sole illuminava il rosso dei vessilli e richiamò fortemente l’attenzione degli automobilisti che correvano veloci in via Fulvio Testi. Qualcuno nella strada, inviperito, si fermò e pensò bene di avvisare il vicedirettore Dettori, che salì immediatamente fino al tredicesimo piano per richiamare all’ordine Francesco Paolo e i suoi amici.
“Niente da fare!!! Le bandiere rimangono al loro posto e si ritirano al tramonto!!!” Questa fu la ferma opposizione degli studenti. Ma la reazione del vicedirettore fu eccessiva. Ancora oggi l’impressione di alcuni di noi, ormai anziani, è la stessa di quei giorni: il Dettori si diede la zappa sui piedi!!! Povero Dettori! Fece stampare e porre, in più luoghi del CUSM, molti avvisi dattiloscritti, in cui si affermava che il Collegio era occupato. Potete immaginare il caos, quando tutti gli studenti lessero “COLLEGIO OCCUPATO”!!! Immediatamente il direttore del CUSM, professor Deotto, fu costretto a venire in Collegio, dove convocò Francesco Paolo Colucci, ritenendolo il responsabile della cosiddetta occupazione. Mentre i due stavano parlando, Stefano Zecchi ed un gruppo di compagni pensarono bene di intonare “Bandiera rossa”, peggiorando ancora di più la situazione di Francesco Paolo. In realtà l’occupazione del Collegio era stata una voluta interpretazione del Dettori: temendo che le bandiere non sarebbero mai state ritirate, né al tramonto, né dopo, il vicedirettore aveva inventato il peggio, cioè la presa di possesso del CUSM da parte di alcuni studenti guidati dal Colucci!!!
Francesco Paolo Colucci pertanto venne espulso dal Collegio. Dovette lasciare immediatamente il Collegio e cercare un’altra abitazione.
“Francesco Paolo cacciato dal CUSM?” Nessuno ci credeva! Non potevamo nemmeno immaginare che fosse accaduta una cosa del genere proprio a lui!!! Persino gli studenti privi della sua visione politica rifiutavano di accettare una cosa del genere! “E se avesse solo scherzato?” disse qualche nuova matricola che non si interessava di politica.
Ben presto il professor Deotto divenne rettore dell’Università.
A questo punto un gruppo di docenti universitari, tra cui il professor Geymonat, convocò un’assemblea nel CUSM, in appoggio a Francesco Paolo Colucci.
Stefano Zecchi curò la raccolta delle nostre firme e la maggioranza di noi cusmini e cusmine aderì volentieri all’iniziativa di appoggiare il nostro amico.
Come andò a finire? Francesco Paolo tornò tra noi e si avviò velocemente verso la brillante conclusione dei suoi studi, che lo resero ben presto un vivace docente universitario di psicologia dell’Università Statale di Milano.
12) Orietta Giumelli
La Giumelli era una ragazza disinvolta e sempre sorridente. Mi era simpatica perché non si dava mai delle arie. Nei fine settimane ritornava quasi sempre a Sondrio, dalla sua famiglia, ed usava la macchina che le avevano regalato i suoi genitori. Una volta si fermò a parlare con me proprio di questo regalo. “Non l’ho chiesto io - mi disse - perché non mi piace esibirmi, quando tanti altri ragazzi sono costretti invece ad andare a casa con i mezzi pubblici!!! Ma non ho potuto dire di no ai miei genitori che sono sempre in pensiero e desiderano vedermi presto a casa per godere della mia presenza... Cerco di ripagarli studiando e cercando di avere dei bei voti. Loro sono felici così...”
Suo padre era un medico che da giovane aveva partecipato anche alla Resistenza. Era molto felice ed orgogliosa per questa scelta di gioventù di suo padre, mi disse sorridendo. Che bella famiglia, pensai!
13) Il ragazzo con la Porsche
Intanto si avvicinava velocissimo il momento degli esami di giugno/ luglio. Noi borsisti dovevamo stare molto attenti: nella prima sessione era necessario superare con la media del 27 almeno due esami, altrimenti rischiavamo di non ottenere più la borsa di studio per il successivo anno accademico.
Dopo aver superato brillantemente il primo esame piuttosto complesso, mi resi conto che il tempo ormai stringeva per la preparazione del secondo. Mi tuffai perciò nello studio della numismatica antica, un esame complementare, quindi abbastanza facile. Avevo perso però molto tempo e purtroppo mi rimaneva solo l’ultimo appello per essere esaminata. Ed inoltre dovevo risultare promossa a pieni voti!!!
La mattina dell’esame, dopo aver raccattato nella mia borsa tutti gli appunti che mi servivano per il
ripasso, mi precipitai fuori dal Collegio per prendere al volo il pullman per Festa del Perdono.
Purtroppo lo persi e mi sentii disperata... Mi vennero persino due lacrimucce agli occhi... Come avrei fatto a raggiungere in tempi brevi l’università? Per raggiungere la metropolitana di Sesto ci voleva almeno una mezz’ora a piedi, ed un’altra mezz’ora di metro per raggiungere via Festa del perdono... Ed ecco il miracolo! All’improvviso comparve vicino al cancello del collegio una Porsche. Non conoscevo il ragazzo che la stava guidando. Provai a fermarlo agitando la mano, ma senza speranza. Invece miracolosamente lui si fermò e con un sorriso mi fece salire, chiedendomi se era capitato anche a me di perdere il pullman, come era successo a tanti suoi amici. Mi sentii a mio agio per la sua gentilezza, così gli raccontai che quel giorno avevo il mio ultimo appello per il mio secondo esame della sessione di giugno/luglio. Se non avessi superato l’esame avrei perso la borsa di studio per l’anno accademico successivo. Piuttosto intimidita chiesi se poteva accompagnarmi fino alla metropolitana di Sesto...
“Assolutamente no” mi rispose. Mi venne un tuffo al cuore e mi vergognai per quella che mi sembrava una critica alla mia sfacciataggine! Invece si trattava di una gentilezza...
“Non ce la faresti a giungere in tempo, te l’assicuro” aggiunse sorridendo... “Ti accompagno io fino all’Università, vedrai che andrà tutto bene, arriverai in tempo!”
La Porsche cominciò a volare. Lui guidava concentrato, io lo guardavo silenziosa. Osservavo il suo profilo che mi suggeriva gentilezza e sicurezza di sé. Non aveva manifestato fastidio per la mia richiesta, era veramente un gentiluomo. Non conoscevo nemmeno il suo nome, chissà come si chiamava questo angelo tutelare. Chissà... forse Francesco! Sì, Francesco gli stava veramente bene!
Mentre in silenzio giocavo con i nomi, eravamo già arrivati vicino a Festa del Perdono. Lui venne ad aprirmi la portiera della macchina e con un sorriso di augurio e la sua dolce cadenza veneta mi disse “In bocca al lupo, vedrai che supererai l’esame con facilità! E rimarrai anche l’anno prossimo al CUSM.” Io sorrisi grata e corsi verso l’aula dove sarei stata esaminata. Ero un po’ disorientata tra la folla che la riempiva, ma riuscii nonostante tutto a concentrarmi durante l’esame e con un bel 28 conclusi l’ultima giornata dei miei esami di luglio... Non vidi mai più l’angelo tutelare. A settembre era sparito. Non seppi mai se si fosse laureato o se avesse cambiato dimora, ed ancora oggi non saprei quale fosse il suo nome, se non me l’avesse suggerito in questi giorni un caro amico di buona memoria: si chiamava Bruno Venier e si era laureato in ingegneria meccanica!!!
NdR : il precedente capitolo "Cusminorum Fragmenta" è archiviato
in "2.96 cronache da bacheca" (22 maggio 2023),
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Caro Pietro, grazie per il regalo !
I successivi "Fragmenta" di Norma Casilio colgono nel segno, come solo sa fare una ex cusmina dotata di molto intuito. Mi riferisco, in particolare, all'intuizione nell'aver individuato la reale importanza delle "Feste della matricola", Queste erano, in sintesi, lo specchio della realtà che ci sarebbe toccata dopo la permanenza nel CUSM; una realtà che teneva ancora in gran conto l'abito che indossavi. Da quegli abiti della festa, maschili e femminili, ho trovato un utile riferimento per disegnarmi un guardaroba adeguato alle mie (perché no?) ambizioni nella vita professionale. Perchè, piaccia o meno, mi trovo costretto ad ammettere, che - ancora poco tempo fa - l' abito faceva il monaco. Negli anni in cui ho frequentato il Tribunale, l'abito giusto è stato per me un ottimo punto d'incontro con i magistrati.........a questi ricordi (e la ringrazio) mi ha portato Norma Casilio, la quale ha esattamente descritto Francesco Paolo Colucci, mentre forse non ha colto gli aspetti positivi di Stefano Zecchi. La ringrazio anche per avermi rammentato l'uomo della Jaguar. Mi auguro (crepi l'astrologo!) che scriva una terza parte dei "Fragmenta".
A tutti i cusmini, quindi anche a te, Buona Pasqua.
Luigi
come ti ho gia' detto non potro' esserci..
Ma ti scrivo per un'altra faccenduola: riguardando le foto, mi sono
accorto che ne manca, per la gran maggioranza, una collocazione
temporale, o per lo meno l'indicazione di in quale anno accademico siano
state scattate. Questo aiuterebbe forse la memoria di molti di noi.
Io per la mia parte posso solo dirti che le foto in cui nel mio
precedente lungo post avevo ipotizzato comparire certi cusmini
potrebbero esser state scattate nel lasso temporale che indico:
1) Jose' Balcels Cabre' >= 1968/69 < 1970/71 eccetto qualcuna
probabilmente posteriore
2) Walter Signorini >= 1968/69 < 1970/71
3) Cesare Arcari < 1970/71
4) Guaitini < 1969/70
5) Siro Ferrari < 1970/71
6) Giacinto Damiani >= 1968/69 < ?
7) Cicci >= 1968/69 < ?
8) Enza Cuntrera >= 1968/69 (o 1969/70 ?) < ?
9) Quello che avevo ipotizzato essere uno dei camerieri (ritratto anche
che impenna un cinquantino, credo fosse un Garelli dalla forma)
probabilmente >= 1969/70
10) Lazzaro Malenchi >= ? credo < 1970/71 ?
Lo so che ho messo molti condizionali, ma la memoria delle cose di
allora e' quella che e'. Per casini miei personali e' una parte della
mia vita che mi e' rimasta poco impressa.
Posso inoltre specificare che:
Cesare Arcari occupava l'ultima camera d'angolo, la piu' distante dagli
ascensori, lato Fulvio Testi, 5o piano, anni precedenti al '70/71,
Walter Signorini occupava la camera precedente a quella di Arcari,
sempre lato Fulvio Testi, 5o piano, dal '68/69 al '70/71, poi ando'
credo al Bassini, e poi a Pavia. Nel '69/70 si era messo con una cusmina
matricola, certa Maria, mi sembra di ricordare che lei fosse di S.
Benedetto del Tronto, poi forse anche lei al Bassini insieme a lui (o
viceversa, lui assieme a lei-piu' probabile), poi ciascuno se ne ando'
per la sua strada,
io occupavo una camera "mediana", lato opposto a viale Fulvio Testi, 5o
piano. Ricordo riccioli di smog carbonioso sul davanzale della finestra,
grazie alla Falck, credo;
Anche Guaitini era (forse) al 5o piano. Forse, anche Franceschini e
Cioccarelli erano al 5o piano, ma la memoria.
Questo e' tutto quello che mi riesce di contribuire. Se vuoi mettere il
quanto sul blog, fa pure, eventualmente tagliando le parti superflue.
Stammi bene e fatti una bella rimpatriata.
Gigi Piacentini
P.S.
1) ci scommetto che nessuno di quelli che incontrerai, ammesso fossero
al CUSM nel mio periodo, si ricordera' di me.
2) Rinnovo la stupida domanda: cusmini motociclisti ? cusmini
radioamatori ? - io sono IW4AKM, ma non sono attivo in radio, anche se
qualche volta ascolto il ponte ripetitore radioamatoriale RU19 Monte
Penice (FM analogica), e lo posso attivare. Si potrebbe organizzare uno
sked via blog, se qualcuno riuscisse ad attivare il ponte..
Stammi bene, Gigi.
** TOTTUS IN PARI **
PER CONOSCERE GOFFREDO MAMELI – EROICO
PATRIOTA DEL RISORGIMENTO ITALIANO, ...
Kenzaburō Ōe
ha dedicato ad Antonio Gramsci il Premio Nobel per la Letteratura da lui ricevuto nel 1994.
Bibliografia gramsciana
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Japanese Development and Iranian Uneven Development: A Gramscian Perspective
in Gramscian Concepts in (Inter)National Situations / Pedagogical Questions and Question of Translatability / Reviews, Wollongong: University of Wollongong, 2019, pp. 3 - 19
Giappone; Iran; Sviluppo Economico
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Gramsci e la sinistra giapponese
in La lingua / le lingue di Gramsci e delle sue opere. A cura di F. Lussana, G. Pissarello., 2008, pp. 241 - 243
All'Estero: Giappone
Ortalli, Francesca
Gramsci dalla Sardegna all'America, al Giappone: la coscienza del mondo globale
in L'Unità, May 5, 2007, pp. 25
Convegno 2007 maggio, Sardegna
Gramsci in Japan
in International Gramsci Society Newsletter, December, 2004, pp. 21 - 22
All'Estero: Giappone
**
Gramsci in Japan
in International Gramsci Society Newsletter, May, 2003, pp. 36 - 37
All'Estero: Giappone; La-Città-futura-Japanese non identificato!; Marchetti, Silvio; Matsuda, Hiroshi; Kataghiri, Kaoru
Ohara, Koichi - Matsuda, Hiroshi
Gramsci Study in Japan: Achievements and Problems
in International Gramsci Society Newsletter, February, 2002, pp. 7 - 17
All'Estero: Giappone
f.l.
Sol levante e sol dell'avvenir. Il "successo" di Antonio Gramsci in Giappone
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All'Estero: Giappone
**
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All'Estero: Giappone; Bibliografia Giappone; Tokyo Gramsci Society; Ohara, Koichi
**
Gramsci in Japan
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All'Estero: Giappone
Takemura, Eisuke
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in Bunkahyôron, Shinnihonshuppansha, February 1, 1988
All'Estero: Giappone; All'Estero: Generale; Attualità 1988
Nishimura, Nobuo
**Caro Pietro,
sto partecipando a questo progetto/studio delle Università di Milano e Padova su "BENESSERE MENTALE E INQUINAMENTO".
Il sottostante link ne descrive gli obiettivi e le modalità:
Gramsci e l’onestà intellettuale
L’undici giugno del 2011,
cioè tre mesi dopo il disastro, andammo a Minamisoma, la città più danneggiata :
c’erano, assieme a me e ad altri insegnanti, il direttore dell’Istituto
italiano di cultura di Tokyo, un giornalista di SkyTv e un famoso pizzaiolo
napoletano, che, con i suoi ragazzi, costruì un forno e fece le pizze nel
cortile di una scuola che ospitava un centinaio di sfollati. A riceverci c’era
il sindaco Katsunobu Sakurai, incazzatissimo col governo che aveva abbandonato la
gente al proprio destino. Dopo la cerimonia di commemorazione, seppi da Katsunobu
che aveva letto qualcosa di Gramsci, ovviamente in traduzione giapponese, cosa
che mi stupì e allietò non poco.
Quando, qualche anno
prima, in uno dei ritorni estivi dal Giappone, avevo visto finalmente l’edizione
critica e completa dei Quaderni, non avevo esitato a comprarla e a portarla con
me sull’aereo.
Perché questo amore per
Gramsci? Io non sono marxista, vengo da una famiglia liberale, ma l’aria che si
respirava ancora del vero liberalismo era il rispetto e la difesa delle idee
altrui, soprattutto il loro riconoscimento quando erano nel giusto. Ebbene
questa onestà intellettuale, oggi tanto rara, l’avevo trovata in Gramsci, marxista,
ma anche umanista. Ne faccio un esempio.
Francesco De Sanctis è
stato sempre osteggiato da una superficiale crititica di sinistra, quando non
ironizzato ( vedere Dario Fo, che non era mica un coglione qualunque! ). Eppure
De Sanctis era stato il primo ad aver capito il grande errore della critica
romantica, la quale considerava “anima” dell’opera d’arte il suo contenuto, e
“corpo” la sua forma. Eppure De Sanctis era stato il primo che aveva spiegato
perché il Tasso, in potenza grandioso poeta, non lo fu in atto, e tante tante
altre cose, ma, aihmè, De Sanctis non era marxista.......
Gramsci ne capì la
grandezza e, a parte le lodi intessute in ogni occasione, arrivò a dire : “ Insomma, il tipo di critica
letteraria propria della Filosofia della prassi è offerto dal De Sanctis, non
dal Croce o da chiunque altro....”. (Quaderno
23, paragrafo 3)
Che poteva dire di più ?
°
from 藤沢
**
NEL 133ESIMO ANNIVERSARIO
DELLA NASCITA DI ANTONIO GRAMSCI
Ciao Pietro mi hai chiesto di ricordare qualche cosa degli anni "formidabili" del Collegio
Perchè no quella sera che ci toccò di sfollare tutti all'esterno, perchè una telefonata aveva avvertito di un possibile ordigno esplosivo? Era, credo, la primavera del 1971. Fra le tante sfollate c'era Paola Montano (almeno un metro e ottanta di bella ragazza bionda): Paola era irresistibile quando sgommava nella sua fiat 128 rally - io con il mio metro e sessanta di statura avevo deciso di familiarizzare con lei. L'occasione era data dalla situazione di allarme che ci aveva proiettati tutti al di fuori delle mura accoglienti del collegio. Paola era sinceramente preoccupata: quale miglior occasione per annegare nel ridicolo l'allarme del possibile ordigno? Mi avvicinai a lei e, come se la conoscessi da sempre, le domandai:" Ti andrebbe di fare una partita a tressette col morto?" Mi guardo un po' dubbiosa, ma tratteneva la risata a fatica. Da quel giorno diventammo amici, e non poteva essere diversamente, non c'era posto per me in qualcosa di diverso - qualcuno la chiamava la "bambolona" , per me era Paola, con la sua 128 rally.
Sono capitato sul blog cercando notizie di Gigi Ziliani. Una comuneamica mi ha detto che era diventato angioletto, e cosi', cercando hoappreso dal blog che un infarto se l'era portato via nel lontano 2016.Era del mio paese (non propriamente mio, ma lo considero tale), eravamocoetanei, matricole insieme a Giacinto Damiani, Jose' Balcels Cabre', unragazzo che chiamavamo Fogligno, perche' veniva da quelle parti, WalterSignorini, Fausto Colombi, Sergio Bergonzi, e 3 ragazze di Cremona, laCicci (poi morosa e moglie del Giacinto di cui sopra), la Patty (cheebbe una breve storia con Fogligno), l'Adina Ferrari, e un ragazzo rossodi capelli che chiamavamo Ciccio, non ricordo se spagnolo come Jose',milanese o israeliano (era comunque di religione ebraica, mi regalo' duefermalibri che conservo tuttora in suo ricordo - pare fosse mortoinsieme alla morosa, ma non ricordo come). C'erano ovviamente deglialtri, ma questi sono quelli che ricordo, anche perche' con Walter,Fausto e Sergio eravamo compagni di liceo. Io e questi 3 facevamoIngegneria. Fausto se ne ando' subito per una borsa di studio in unaltro collegio (credo via Rombon), Sergio cambio' universita (Bologna)alla fine del primo travagliatissimo anno - tra occupazioni assemblee ecazzeggi vari - rimanemmo al quinto piano io e Walter. Io avevo lastanza dal lato opposto a Viale Fulvio Testi, e sono rimasto per 2 anni,poi mi sembra di ricordare che noi del Poli non fossimo piu' graditi inquel collegio, e trovai una stanza in via Desiderio, abbastanza comodaper il Poli.Ricordo tante belle ragazzine, desiderate e con le quali non ci fu mairigorosamente alcunche', ma ero e sono tuttora timido e imbranato.Mi ricordo del Walter Arcari (poi sarebbe finito in Agusta); del MassimoDa Cruz (camminava zoppicante per esiti di polio, aveva una Renault colcambio automatico, era di S. Mauro a Mare), del Di Cataldo, credo nonopiano, che aveva comprato un Grundig Satellit e aveva l'antenna, unbastone di ferro appeso alla finestra, lato Fulvio Testi, e mi ricordo,ma non c'entra niente, di un pilota che faceva acrobazia sopra il campodi Bresso, sarebbe poi morto in un air show a Cremona, c'ero anch'ioquel giorno.Mi ricordo di una ragazza carina che era un anno avanti a noi, lachiamavamo "la Pastorella di Gallura" perche' era - pare - di originisarde, e una, sempre un anno avanti a noi, di Novara, della quale nonricordo piu' nulla, solo che mi piaceva.Scorrendo le foto, ho riconosciuto qualcuno:sezione "Come eravamo"Baffo, nella forma del viso mi ricorda qualcuno, ma lo ricordo rasato;D'Intino (e chi non se lo ricorda);Enza e Cicci: l'Enza mi sembra quella che noi chiamavamo "la Turca", perun vago aspetto mediorientale, ma pare fosse calabrese - ma non sonocerto dell'identificazione. La Cicci e' invece lei, spaccata:Michele Ranieri, forse, se era al 5o piano;Diego Cioccarelli, se era lui quello che vagamente ricordo, eradell'Aprica o Madonna di Campiglio o un altro posto di montagna daquelle parti;Sezione "Pensieri e rimembranze"foto 11 Jose' Balcels Cabre' con un altro (sconosciuto);Siro Ferrari (foto "26 dicembre 2017Quarto.Piano news") ;Sezione "Eravamo tutti Belli"foto 3: Lazzaro Malenchi (credo);foto 4: Sirofoto 11: jose'foto 14: Siro, Franceschini, e l'ultimo in piedi a destra, forse eraquello che chiamavano Paccionefoto 31: mi ricorda Walter Arcari, ma non ne sono sicurofoto 32: la didascalia dice Walter Signorini, puo' essere, ma non loricordo cosi'foto 33: il tipo era uno dei camerieri. Aveva un cinquantino, Itomgiallo, tipo "corsa" che il Walter Signorini trucco' portandolo avelocita' siderali, e che fu poi rubato.foto 37 Jose' Balcels Cabre' in primo piano, gli altri non saprei;foto 57: Guaitini, il primo a sinistrafoto 58: di nuovo Guaitini, da solo, mi fece ubriacare e stettimalissimo, maledizione a luifoto 62_65 Sirofoto 71 sempre il cameriere dell'Itomfoto 98 in piedi da sx Jose, e Guaitini, sotto di quest'ultimo, seduto, Siro
del libro di Mirella (vedi post del 5 dicembre)
*
Il cielo sopra Betlemme
- Che fai, cretino! non vedi che hai giocato una carta dispari? Di quattro ne sono già usciti tre e tu vai a ballare l’ultimo? Non capisci che loro son di mazzo, porca puttana? - Così imprecava il buon Dio (anche loro imprecano, se è il caso) contro San Pietro che essendo notoriamente tonto non ne azzeccava una e infatti, come diceva qualcuno, il nome deve rispecchiare l’essenza dell’oggetto. D’altro canto anche Santo Spirito, compagno della Madonna, lampeggiandola di sguardi (gli era infatti vietata la parola per motivi a noi incomprensibili), poneva attenzione a che non ne combinasse una grossa (sapeva che le donne sono di “seconda generazione”). Comunque la partita di scopone scientifico procedeva in modo tranquillo, nonostante sotto di loro aerei con la stella di Betlemme - non quella con la coda che indicava Gesù, ma quella che indicava il suo compaesano Davide - macellassero senza pietà della povera gente indifesa. Gli è che due millenni prima i davidini se n’eran andati a far soldi nel mondo e poi avevano deciso di ritornare agli abbandonati ulivi, armati sino ai denti, e ammazzando un bel po’ di gente...... per la loro sicurezza.
Finì la partita con la vittoria della coppia Spitito Santo - Madonna, e il buon Dio avrebbe voluto castrare san Pietro, che con una giocata prodigiosa aveva regalato ben tre scope agli avversari, ma se lo avesse fatto chi avrebbe fondato la sua Chiesa? Non finiva invece il massacro. Intervenne allora l’unica persona buona e di buon senso, Gesù, che disse : “ Padre, ma non vedi che sta succedendo?”. Lo vedo – replicò il buon Dio – e francamente mi spiace che muoiano tanti uomini ( sapeva che gli uomini sono di “prima generazione”), onde ragion per cui cercheremo di far nascere più maschi che femmine, per riequilibrare le cose, anche perché, povere donne......Ma invervenne con un sorriso la Madonna, che strizzando l’occhio al Santo Spirito, affermò non esser necessario preoccuparsi della cosa. Ci sono altre vie – disse – per procreare, infinite vie !
Un appuntamento da non perdere,
domenica 17 ore 11
pietro.maddaluna@gmail.com