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Blog fondato da Giuseppe "Pippo" Ripa


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novita'

Quale è la cosa più difficile di tutte? Quella che sembra la più facile: con gli occhi vedere ciò che davanti agli occhi si trova. (Goethe)

venerdì 3 luglio 2009

GENNAIO 1970

ciao, do’ inizio alle memorie partendo da me,
il mio nick e’ Staffora, in omaggio alla valle che attualmente mi ospita

GENNAIO 1970

Milano
Era la prima manifestazione che si tentava all’indomani della strage di Piazza Fontana. In verita’ vi era stata gia’ a dicembre poco prima delle vacanze di Natale una piccola e timida manifestazione dinanzi alla Statale di Milano, in un clima denso di paure, di incertezze per il futuro; poche persone, la maggior parte degli studenti passava e non si fermava; Mario Capanna, per il simbolo che rappresentava ormai tra gli studenti della statale, cercava con un megafono di spiegare alla gente cosa stava succedendo; l’attrezzatura per quel breve comizio era stata fornita da alcuni compagni della federazione milanese dello PSIUP ed io ero tra questi; un discorso breve e tenuto in fretta, bisognava sbrigarsi prima dell’inevitabile arrivo dell’apparato repressivo; ci si dette appuntamento a gennaio.
E cosi’ avvenne.
La posta in gioco era altissima: erano state vietate le manifestazioni pubbliche all’indomani della bomba alla Banca dell’Agricoltura, il potere politico voleva imporre (soprattutto agli studenti ed agli operai del 69) una sorta di legge marziale: l’Italia era in guerra e noi non lo sapevamo, che strana guerra (che purtroppo lascio’ una scia di sangue e di terrore che tutti voi conoscete)!
I partiti dell’arco costituzionale non reagivano (anzi ci si fasciava gia’ la testa paventando ipotesi di colpi di stato ecc.), soltanto il PSIUP di Milano (o meglio la corrente minoritaria della Federazione milanese, quella che poi negli anni successivi sfocio’ in “Contropotere” prima della definitiva scomparsa di questo partito) appoggiava subito gli studenti milanesi, ne forniva l’appoggio organizzativo, in attesa che il piu’ grande partito il PCI decidesse cosa fare e soprattutto mobilitasse la risposta del Movimento Operaio all’attacco che la cosidetta “strategia della tensione” portava a tutto campo al 68 al 69 alla scocieta’ italiana come si stava sviluppando in quegli anni.
La manifestazione del gennaio 1970 rispondeva a tutto cio’, era il primo tentativo che si faceva in Italia di rispondere alla limitazione delle liberta’ personali (sancito dalla Costituzione) usando come pretesto l’efferato eccidio di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.

Era l’ora del crepuscolo e si approssimava la sera. La manifestazione era stata un successo: aveva superato le nostre aspettative, segno dell’ottimo lavoro di sensibilizzazione fatto nel prepararla. Da piazza Santo Stefano a tutta via Festa del Perdono, una folla stipata all’inverosimile: secondo me saranno state un cinquemila persone, ma secondo alcuni di noi sarebbero state anche diecimila persone. Ovviamente la manifestazione non era autorizzata. Lo sbocco verso via Larga era sbarrato da piu’ plotoni di polizia in assetto antisommossa, la stessa via Larga era stracolma di esponenti della repressione di stato; la zona era illuminata a giorno dalle lampade fotoelettriche. Un pensiero sbuco’ nella mia mente: li’ a due passi c’era l’ex Hotel Commercio, la cui occupazione fu fatta finire con la forza nell’agosto del 69; se non l’avessero sgomberato, cosa sarebbe accaduto a noi occupanti nel dicembre 69? preferisco non pensarci e mi dedico ad esaminare la situazione di quel giorno di gennaio 1970.
Eravamo li’ in nome del popolo italiano, ma anche la repressione di stato era li’ in nome del popolo italiano. Eravamo inconciliabili, non vi era possibilita’ di alcuna trattativa. Eravamo soli a rappresentare il popolo, che ci stava a guardare in attesa degli eventi. Forse dobbiamo alle singole coscienze di tutti i presenti quel giorno se la manifestazione non si e’ trasformata in ulteriori lutti: la paura c’era ed e’ inutile negarla, per alcuni interminabili minuti ci si fronteggiava come due forze che si studiavano a vicenda, come se si volesse prima capire cosa intendesse fare l’altra forza.
Ero parte del servizio d’ordine e stavo curando l’ala sinistra della testa del corteo, dalla parte dei caseggiati in piazza Santo Stefano.
D’un tratto tre colpi assordanti: erano stati lanciati i candelotti lacrimogeni, non a parabola in aria, ma all’altezza dei piedi delle prime file dei manifestanti. Anni dopo un esperto di queste cose mi spiego’ che sparare i candelotti a parabola in quella situazione (una folla stipata in spazi ristretti) avrebbe potuto far danni mortali: il candelotto nella ricaduta avrebbe senz’altro colpito la testa di qualcuno, inoltre una folla stipata in preda al panico poteva a sua volta provocare ancora piu’ danni; invece, sparandoli all’altezza dei piedi delle prime file al massimo si poteva rompere qualche piede e si intimava senza dubbio di indietreggiare.
Contemporaneamente il vicequestore presente pronunciava la frase di rito ed il trombettiere autorizzava la carica (ve lo ricordate quel vicequestore? lo incontravamo in quasi tutte le manifestazioni di quegli anni, simpatico nemico suo malgrado messo dal Potere a reprimerci).
E venne la carica.
Usavano solo i manganelli (per fortuna, pensai). Come di consueto, la solita ambulanza sbucava da dietro le fila dei poliziotti e voleva procedere a velocita’ ridottissima dentro le fila dei manifestanti: io questa procedura non l’ho mai capita, era li’ per raccogliere i feriti? speravano cosi’ di convincere ad andare via? ma perche’ farla muovere insieme alla prima carica? non aveva piu’ senso farla muovere dopo le cariche? boh?
Osservando la situazione da dove mi trovavo collocato in quel momento, vi era possibilita’ di fuga soltanto verso via Della Signora, via Laghetto; e mentre le nostre prime file cercavano di resistere e rispondere alla furia delle cariche che partivano da via Larga, cercai insieme agli altri di portare la testa del corteo verso quella zona, con l’obiettivo di raggiungere il piazzale antistante il Palazzo di Giustizia, da li’ poi avremmo tentato di ricomporre la manifestazione con il resto del corteo che avrebbe fatto il giro attorno alla statale venendo dal Policlinico.
Le cariche che partivano da via Larga sembravano consentirci questa via di fuga, ma ahime’ era anche quello che volevano loro. Sembrava infatti sin troppo agevole raggiungere il Palazzo di Giustizia: erano gia’ li’ che ci aspettavano, ora li avevamo di fronte e di dietro. Questa volta ci siamo, pensai, qui ce le suonano di brutto. E ci venne d’istinto di correre il piu’ possibile verso le colonne di poliziotti che erano dinanzi al Palazzo di Giustizia, perche’ almeno avremmo affrontato la situazione con solo la meta’ dei poliziotti e non con tutti e imbottigliati se restavamo fermi.
Corri corri ragazzo,
evita questo, evita quell’altro:
sembrava una corsa ad ostacoli, come nelle gare olimpiche,
solo che gli ostacoli non andavano saltati, ma evitati.
Fu allora che sentii un rumore inconfondibile, quello del legno duro quando colpisce la carne, ed un corpo dietro di me mi colpi’ facendomi volare per terra: chi mi aveva colpito era una ragazza ed atterro’ nel suo volo proprio sopra di me, proteggendomi a mo’ di guscio umano. Un nugolo di poliziotti ci circondava picchiando, riuscii a divincolarmi da quel groviglio umano, uscii da sotto tutti e potetti alzarmi, avevo solo un ginocchio sbucciato e dolorante, nient’altro, ma non potevo piu’ correre.
E fu allora che mi accadde qualcosa di incredibile.
La ragazza, la mia salvatrice era ancora li’ per terra circondata dai poliziotti impegnati su di lei, non mi rendevo conto perfettamente della situazione, ero come in trance, sentivo solo il tum tum tum dei manganelli tutti impegnati su qualcuno, procedevo ad andatura lenta come in un sogno, e come in un sogno nessuno badava a me. Non so quanto mi sono aggirato in mezzo a tutti, nessuno badava a me, mi sentivo fuori da questo mondo, come un extraterrestre capitato li’ per caso e per caso ero stato appena protetto da una compagna sconosciuta ma che portero’ sempre con me nel mio cuore: grazie, grazie di cuore, grazie per sempre e sempre grazie. Come eterna riconoscenza ti dedico questa mia poesia:

gennaio 1970
all’indomani di quel fatto
che tanto ci rattristo’
ci indigno’
non ho potuto conoscerti di persona
non ho potuto conoscere i tuoi sogni
non ho potuto conoscere i tuoi progetti
non ho potuto conoscere il tuo futuro
ma il caso della storia
ha voluto un’altra cosa
ha voluto che nel profondo del mio cuore
vi fosse sempre un sito a te dedicato
ti portero’ sempre con me
anche se tu non lo sai

Non so per quanto tempo vissi quella situazione surreale; quando mi tornarono le forze nelle gambe, ripresi a correre zigzagando, cercavo di guadagnare l’angolo verso via Respighi, vi riuscii e da li’ poi per via Litta e via Marcona raggiunsi la sede della Federazione dello PSIUP. Di sfuggita avevo notato in fondo a via Respighi la presenza di una colonna di sei sette individui di aspetto elegante doppio petto e guanti neri; queste presenze si aggiravano spesso nei dintorni delle manifestazioni con cariche; per questo tagliai subito per via Litta.

Cosi’ si era conclusa la manifestazione del gennio 1970. Fu una sconfitta, un disastro? All’apparenza forse si, ma in realta’ a mio avviso fu una grande vittoria, una grande vittoria che permise la immensa manifestazione di qualche settimana dopo (si era svegliato dal suo torpore l’elefante PCI insieme ai sindacati ed a tutta la sinistra dell’arco costituzionale). Si riusci’ a far fallire il tentativo di imbavagliare la liberta’ in Italia, anche se lo stragismo continuo’ ancora. Insomma non si puo’ spegnere una generazione arrivata con irruenza nella storia di questo Paese. Lasciamo alle generazioni del futuro il compito di giudicarci nel bene e nel male.





il vento del 68

vi e’ stato un vento
giu’ nel sessantotto
che ci ha dipinto la pelle giovanile

vi e’ stato un vento
che suonava come un’arpa antica
una musica nuova per il futuro
ascoltai questa musica nel mio mare
e dolce mi fu
in essa nuotare

vi e’ stato un vento
giu’ nel sessantotto
voleva cambiare il mondo
mettendo paura a chi
affilava i lunghi coltelli

vi e’ stato un vento
per chi voleva cambiare il mondo
vi e’ stato un vento
che ora non soffia piu’

ma si’ che soffia ancora
piu’ forte che prima
e’ li’
nel futuro

oh giovani del futuro
che ascoltate la musica del vento
che dipinge la pelle

vi aspettiamo

1 commento:

  1. BRAVISSIMO, pippo
    e...
    CHE MEMORIA !

    Perchè per molti di noi i ricordi sono
    ogni giorno più tenui, vaporosi, fluttuanti
    e lasciano il posto ad una crescente nostalgia
    M

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