L’assemblea del CUSM mi aveva incaricato di istituire una Commissione per il Personale che lavorava per noi nel Collegio.
La capienza del CUSM era di 336 camere, ma non e' detto che fossero occupate tutte le stanze. In quel periodo mi sembra che fossero occupate le stanze sino al decimo piano, se la memoria mi assiste. Nel corpo basso, il primo piano era occupato da maschi, mentre gli altri tre piani erano riservati per le femmine (quindi 96 stanze riservate per le ragazze).
Le donne dei piani erano una per ogni piano nel corpo alto (che si organizzavano in coppia mettendo in ordine due piani), mentre nel corpo basso erano già’ due per piano: in totale vi erano 18 donne ai piani, gestite in modo caporalesco dal D’Intino (il custode del CUSM, dipendente dell’Universita’).
Poi vi erano gli addetti alla portineria, dipendenti dell’Universita’ (erano in 6 distribuiti su tre turni): ricordo fra tutti Sforza, che da buon milanese sapeva parlare il dialetto meneghino in maniera impeccabile (per me fonte di apprendimento nel nuovo ambiente, venendo io dal Sud, da Taranto: di origine sono Lucano, terra di Orazio, e precisamente sono nato a Nova Siri in provincia di Matera, luogo che vide la famosa battaglia di Pirro re di Albania contro i Romani, da cui il detto “vittoria di Pirro”). L’addetto alle caldaie (e per i lavori di piccola manutenzione idraulica) si chiamava Siviero (anch’esso dipendente dell’Universita’) ed abitava in un alloggio ricavato a fianco del teatro del CUSM. Le addette al bar di fronte alla mensa erano due donne non dipendenti dell’Universita’; una di Cinisello era molto simpatica e ne diventai amico. Poi vi erano i camerieri addetti a portare i piatti in sala mensa, erano due (se vi ricordate uno era gay, quello più’ anziano, mentre l’altro più’ giovane era romano ed abitava al tredicesimo piano, ove vi era ospitato anche un ricercatore russo dell’Unione Sovietica).
Vi era inoltre l'economo, dipendente dell'Universita', con il quale avevamo a che fare per esempio con la distribuzione dei buoni pasto, con il versamento della cauzione di seimila lire al momento dell'ingresso nel collegio, ecc. (Ricordate che nella festa di carnevale del 1968 fu rubata una pelliccia di 4 milioni ad una ospite e questa fu rimborsata con i soldi della nostra cauzione). L'anno successivo l'economo fu sostituito dal Sig. Righi (sempre dipendente dell'Universita') un toscano di Firenze se non ricordo male. Il Sig. Righi era una persona molto simpatica, amava stare con noi a chiacchierare, veniva sempre alle nostre assemblee e con me voleva svolgere un ruolo paterno. Tempo dopo, negli anni 80, quando fui assunto dall'Universita' me lo ritrovai come collega (era il capo dei servizi); la nostra amicizia potette continuare e con dolore partecipai al funerale per la sua morte avvenuta alla fine degli anni 80 o inizi anni 90 se non ricordo male, quando ancora era in servizio.
Infine vi erano due lavoranti in cucina: un aiuto cuoco (strabico e molto simpatico) ed un cuoco. E’ proprio di quest’ultimo che voglio raccontarvi. Nessuno lo conosceva e non aveva mai contatti con il pubblico: l’altro, quello strabico, invece distribuiva i pasticcini la domenica, acquistabili con un buono mensa.
Era il 1968, precisamente l’autunno del 1968. Erano successe le terribili olimpiadi in Messico con i loro 500 morti (quasi tutti studenti) che tanto scosse l’opinione pubblica mondiale. Le lotte studentesche stavano divampando sempre di più’ nelle facoltà’ universitarie italiane ed il nostro collegio non poteva non risentirne.
Quella sera, come spesso facevo, immerso nei miei pensieri dopo la cena in mensa amavo fare da solo il giro attorno al collegio mentre la giornata volgeva al termine: vi era una stradina circolare attorno al CUSM per permettere alle auto di uscire dal posteggio. Il campetto di calcio, la casa di D’Intino e la zona del teatro e le lavanderie, verso il campo da tennis: ma giunto all’altezza del teatro mi sentii chiamare a gran voce. Era l’aiuto cuoco che mi invitava a salire in casa, al primo piano: da bergamasco simpatico fece gli onori di casa ed entrai. Fu allora che vidi nell’appartamento un’altra persona: era il cuoco, che divideva con l’aiuto cuoco lo stesso appartamento. Era originario del Veneto, capelli bianchi, anziano. Sdraiato sul letto continuava a declamare senza interruzione mentre l’altro continuava a ridere a crepapelle, tanto lo divertiva. Diceva di chiamarsi Homo ed era abbastanza alticcio quella sera. Continuava sempre a parlare e mi ci volle un po’ a capire la situazione. In sostanza stava raccontando la sua vita, o meglio la sua gioventù’: Homo era stato volontario in Abissinia a 17 anni, vi aveva fatto la guerra voluta dal fascismo. Ne era entusiasta ed in sostanza (capendolo un po’ più’ a fondo si trattava della sua giovinezza) ringraziava ancora il Duce per avergli dato quella possibilità’: Homo adorava il Duce, questo era fuori di ogni dubbio, rimanendo a distanza di tanto tempo legato ai suoi ricordi come un marinaio che si salva dopo una tempesta resta legato ai ricordi delle onde che volevano inghiottirlo. Raccontava dell’Abissinia come fosse l’Eldorado, la terra promessa per il riscatto di loro poveri nel veneto affamato di allora.
Homo era un adoratore del Duce. Rideva sornione anche lui, forse conscio della provocazione che stava operando verso un esponente del 68; ma in realtà’ ne apprezzavo la schiettezza e la genuinita’. Non si nascondeva ed a modo suo tenne a bada la mia giovinezza, come a voler significare l’importanza della sua scelta di vita allora a 17 anni nel sogno dell’impero fascista di Mussolini. Homo raccontava di quel che succedeva in un circo in giro per l’Etiopia, di una donna e di un asino, di quel che erano capaci di fare come spettacolo. E mi racconto’ di tante altre cose ancora, spesso senza nesso ma sempre attento a misurarsi a testa alta. Alla fine dopo un paio d’ore ci salutammo. Per me fu una scoperta non da poco: il nostro cuoco era un adoratore del Duce.
Per caso avevamo scoperto che di fronte al campo da tennis, stavano costruendo degli appartamenti e in una cooperativa vi era una sindacalista dell’Universita’ (erano alloggi per il personale non docente, costruiti in cooperativa). Attraverso di lei la situazione delle persone che lavoravano al CUSM fini’ in Consiglio di Amministrazione; non fu certo merito della nostra Commissione, ma non sottovalutando il potere mediatico che le azioni studentesche allora avevano, fu’ che l’anno accademico che stava alle porte porto’ via il potere caporalesco di D’Intino: fu fatta una regolare gara di appalto ove la Societa’ che se l’aggiudico’ assunse tutto il personale esistente. Fu un successo ed il personale tutto vide in noi degli alleati preziosi, piuttosto che dei signorini viziati da servire ed accudire. Per me a livello personale fu una grossa soddisfazione: con alcuni di loro nacque un amicizia che duro’ anni. Ma il mio pensiero spesso andava a quel cuoco, a Homo adoratore del Duce.
pippo,
RispondiEliminaproprio una bella testimonianza e su
fatti e argomenti tipicamente tuoi ma quasi
ignoti, penso, alla maggior parte degli ospiti del collegio.
E, accidenti, CHE MEMORIA ! ! ! ! !
Spero di poter leggere altri tuoi ricordi, perchè ci fanno proprio sentire l' odore di quegli anni.
piero
Io ricordo bene il cuoco strabico, che preparava anche i panini (con un buono pasto te ne davano quattro); i camerieri, le addette al bar e alcune delle donne dei piani (una del primo, piccolina, la chiamavamo il "carro armato" per il rumore che faceva camminando con gli zozzoli); il rag. Righi e il suo cane barbone. Ricordo che, quando si aprì una vertenza del personale, veniva la sindacalista Palumbo, molto in gamba. E' quella di cui parli?
Eliminamodificato post con aggiunta figura del Sig. Righi l'economo del Collegio
RispondiEliminaIN QUANTO A OCCUPAZIONE.
RispondiEliminaL' undicesimo piano era sicuramente occupato e così
mi sembra anche il dodicesimo.
Solo il tredicesimo era tutto o quasi tutto vuoto.
Ricordo si mormorava che una volta, dovendo recuperare una coperta nuova a sostituire quella in dotazione, pappata da un famelico criceto, l' aprovvigionamento si fosse effetuato al tredicesimo.
Allora l' operazione era detta "esproprio proletario".
piero / M
ma d'Intino c'era ancora ai miei tempi! dal 1981 alla chiusura del'85. Abitava anche nel collegio
RispondiEliminavorrei sapere se clotilde è di palazzolo sull'oglio, nel qual caso sarei stato il suo burbero professore di matematica.
RispondiEliminail cameriere gay si chiamava Serafino
RispondiElimina